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L'Antico Testamento utilizza, a partire dal libro di Amos, l'espressione "giorno di Jhwh" per esprimere il profondo coinvolgimento divino nella storia d'Israele. Nel Nuovo Testamento, soltanto Paolo parla del "giorno del Signore", per indicare il "giorno del Signore risorto". Attraverso un'originale e personale interpretazione teologica, questo lemma, il "giorno" che ricorre 50 volte nelle Lettere paoline, viene a identificarsi, nella predicazione dell'Apostolo, con il "terzo giorno" della resurrezione del Figlio di Dio che ha reso ogni giorno, anche quello più anonimo del lavoro manuale, lavato dal sangue della croce e illuminato dal "giorno ultimo", "quel giorno", che è il "giorno del Signore", in cui il battezzato è costituito " figlio della luce e figlio del giorno". La presente ricerca, attraverso una puntuale analisi esegetica delle 50 ricorrenze paoline, offre al lettore una chiave interpretativa di un elemento originale e fondamentale della Cristologia dell'Apostolo, delle genti ed evidenzia l'enorme portata dell'escatologia verticale realizzata. Ad una spiritualità antropocentrica, costruita sulla legge, Paolo sostituisce, dopo il "giorno" di Damasco, una spiritualità cristocentrica, radicata esclusivamente nella grazia salvifica, che ha reso il "giorno" qualitativamente divino e redento...